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Nilde Iotti compie 100 anni: il ricordo della prima femminista divenuta presidente della Camera

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Senza le sue lotte sarebbe stato tutto più difficile per le donne in politica. E sappiamo come non è stato facile in un PCI maschilista diventare la prima presidente della Camera della storia repubblicana.  I suoi tre mandati si sono intervallati tra il 1979 e il 1992. Nell'Italia dei diritti civili dove si erano appena ottenuti due diritti fondamentali per le donne: l' aborto e il divorzio. Gli stessi che le forze oscurantiste vorrebbero che venissero meno nell' Italia della fase 1 del Covid 19. Oggi Nilde Iotti avrebbe compiuto 100 anni. E chissà cosa avrebbe detto di questa Italia dove i diritti delle donne così faticosamente acquisiti si stanno mettendo in discussione nel mare magnum delle crisi economiche e sociali. In una Italia dove ci dicono tutti: mettetevi un passo indietro che ci sono altre priorità. 
 
La sua tenacia la ha premiata ed ha aperto un varco anche per noi tutte che vogliamo essere protagoniste della politica nel nostro Paese. E non credete. Il legame con Togliatti non l' ha per niente favorita, anzi fu un ostacolo quando lui era in vita.
 
Ma chi era Nilde Iotti? La vogliamo ricordare con questa biografia dettagliata.
 
Figlia di ferroviere e sindacalista socialista, Egidio, licenziato a causa del suo impegno politico, visse gli anni dell'adolescenza in un contesto di forti difficoltà economiche. Rimase orfana del padre nel 1934, e poté proseguire gli studi grazie a borse di studio che le permisero di iscriversi all'Università Cattolica di Milano, ove ebbe tra i suoi professori Amintore Fanfani, laureandosi in lettere nel 1942.
In conformità alle regole della Leva fascista, il 5 ottobre 1942 venne iscritta al Partito Nazionale Fascista presso la Federazione dei Fasci Femminili di Reggio Emilia, condizione peraltro indispensabile per poter svolgere l’attività di insegnante pubblico. Successivamente esercitò l'insegnamento in alcune scuole tecniche della sua provincia natale, concludendo la sua esperienza professionale nel 1946.
A seguito della situazione in cui era precipitata l'Italia dopo l'armistizio dell’8 settembre 1943 prese forma il suo interesse verso la politica, avvicinandosi al PCI e partecipando alla Resistenza, svolgendo inizialmente la funzione di staffetta porta-ordini, poi aderendo ai Gruppi di difesa della donna, formazione antifascista del PCI, diventandone un personaggio di primo piano. Eletta nel dopoguerra presidente dell'Unione Donne Italiane di Reggio Emilia, nella primavera del 1946 entrò nel consiglio comunale della città di Reggio Emilia come indipendente nelle file del Partito Comunista Italiano, aderendovi poco dopo. Nel giugno dello stesso anno venne candidata ed eletta membro dell'Assemblea Costituente.
Parallelamente nel 1946 iniziò a Roma la sua relazione con il Segretario Nazionale del PCI, Palmiro Togliatti, di 27 anni più anziano (già marito di Rita Montagnana e padre di Aldo) che terminerà soltanto con la morte del leader comunista, nel 1964. Il loro legame divenne pubblico nella contingenza dell'attentato del 1948. La moglie Rita Montagnana fu anch'essa Costituente e anche dopo la rottura con Togliatti venne eletta deputata, alternando periodi di attività a Mosca, come pubblicista e redattrice delle trasmissioni Radio in lingua italiana, con ritorni in Itaia, dove morì nel 1979. Il figlio Aldo sofferente di disturbi psichici fu a lungo ricoverato in Urss ed in Italia dopo la guerra e morì a Modena nel 2011. Iotti e Togliatti Insieme chiesero e ottennero l'affiliazione di una bambina orfana, Marisa Malagoli, sorella minore di uno dei sei operai uccisi da agenti della Celere il 9 gennaio 1950, a Modena, nel corso di una manifestazione operaia.
 
 
 
Nilde Iotti in qualità di Presidente della Camera dei deputati
 
 
 
Nilde Iotti nel 1989
 
Nell'Assemblea Costituente, Nilde Iotti fece parte della Commissione dei 75 della camera dei deputati incaricata della stesura della Costituzione.
Rieletta nel 1948 alla Camera dei deputati, sedette tra i banchi di Montecitorio ininterrottamente sino al 1999 e per lungo tempo ne presiedette l'Assemblea: venne infatti eletta Presidente della Camera dei deputati per tre volte consecutive, ricoprendo così quella carica per 13 anni, dal 1979 al 1992. Nessuno nella storia d'Italia ha ancora raggiunto il suo primato, esercitato coniugando alla guida imparziale della Camera una strenua difesa del parlamentarismo.
Nel 1956, entrò a far parte del comitato centrale del Partito e nel 1962 della direzione nazionale. Rieletta nel 1963 alla Camera, fu membro della Commissione Affari Costituzionali, incentrando la sua attività sulla rilevanza del ruolo femminile nel mondo del lavoro e delle relazioni familiari.
Negli anni successivi il suo impegno principale risultò essere la riforma delle norme civili, quali l'introduzione del divorzio nell'ordinamento giuridico e nel successivo mantenimento attuato col referendum abrogativo del 1974.
Nel 1969, primo anno della partecipazione dei parlamentari comunisti al Parlamento europeo, la Iotti fece parte della prima delegazione italiana. In quegli anni si impegnò per riformare l'elezione al parlamento stesso, attraverso la promulgazione della legge sul suffragio europeo diretto. Rimarrà deputata europea fino al 1979, anno delle prime elezioni dirette.
Nel clima di distensione tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano, maturò in quegli anni la proposta di eleggere Nilde Iotti come prima donna presidente della Camera. All'apertura della VIII legislatura, le forze politiche concordarono sulla necessità istituzionale di eleggere un appartenente dell'opposizione alla terza carica dello Stato. Al rifiuto di Pietro Ingrao di proseguire nel ruolo istituzionale, la scelta ricadde su Nilde Iotti, eletta al primo scrutinio con 433 voti favorevoli su 615 votanti. Il suo discorso di insediamento pose al centro la figura della donna nella società, l'imparzialità politica e le misure necessarie per combattere il terrorismo.
«Io stessa - non ve lo nascondo - vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione»
(Nilde Iotti, Discorso di insediamento alla Presidenza della Camera) 
Nel 1987 ottenne un incarico di governo con mandato esplorativo da parte del Presidente della Repubblica Cossiga che si concluse senza esiti; fu la prima donna e la prima esponente comunista ad arrivare tanto vicino alla Presidenza del Consiglio. Nel 1991, a seguito di indiscrezioni secondo le quali lo stesso Cossiga voleva nominarla senatrice a vita, fece sapere di non essere interessata, preferendo rimanere presidente della Camera.
Nel 1992 fu inoltre la candidata di sinistra alla Presidenza della Repubblica.
Durante la sua vita ricevette inoltre numerose mansioni di prestigio quali: la presidenza della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali costituita il 9 settembre 1992 (dal marzo 1993, subentrando al dimissionario Ciriaco De Mita, sino al 7 aprile 1994); la presidenza della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (1996 - 1999), di cui fu anche vicepresidente nello stesso periodo.
Rinunciò a tutti gli incarichi il 18 novembre 1999 a causa di gravi problemi di salute. La Camera dei deputati accolse le sue dimissioni con un lunghissimo applauso; il futuro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, suo vecchio compagno di partito, scrisse nell'occasione una lettera pubblica, e tornò a ricordare la Iotti nel 2006, nel discorso pronunciato alle Camere durante il giuramento per la Presidenza della Repubblica: «E ancora, abbiamo da contare - mi si lasci ricordare la splendida figura di Nilde Iotti - sulle formidabili risorse delle energie femminili non mobilitate e non valorizzate né nel lavoro né nella vita pubblica: pregiudizi e chiusure, con l'enorme spreco che ne consegue, ormai non più tollerabili.» Nilde Iotti morì pochi giorni dopo le sue dimissioni, il 4 dicembre 1999, per arresto cardiaco, alla clinica Villa Luana di Poli, presso Roma.
I funerali di Stato furono tenuti con rito civile secondo sue disposizioni, poiché era atea. È sepolta presso il Cimitero del Verano di Roma (Famedio del PCI, Nuovo Reparto, riquadro 8 distinti, entrata Portonaccio).
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